Quanto è passato dal nostro
rientro? A volte sembra un’eternità da quanto siamo presi dalle tante cose, a
volte sembra ieri se pensiamo che alcuni odori, colori e sapori difficilmente
ci si scrolleranno di dosso. Sembra una vita se guardiamo la nebbia o il
ghiaccio sulla macchina da togliere la mattina per portare i bambini a scuola,
sembra oggi quando apriamo un regalo con gli auguri dei nostri amici di
Nyahururu ed ancora qualche lacrima non
riusciamo a trattenerla.
Scrivere del rientro è un’impresa
davvero ardua, quasi impossibile. Ci eravamo ripromessi di non farlo, ma poi la
telefonata di Piero, la commissione Newsletter di AtanteMANI… ogni volta che ci
chiedono di parlare dei nostri 3 anni in Kenya ci riscopriamo custodi di un
tesoro così bello e prezioso che non possiamo nasconderlo sotto terra, in
qualche modo lo dobbiamo alla Vita che è stata così generosa con noi!
E così, poche righe, a ridosso
del Natale, il primo italiano dopo alcuni africani.
L’immagine che meglio rappresenta
questa situazione è il CAOS. Quelle belle nebulose primordiali dove in potenza
c’è già tutto ma è molto confuso, indecifrabile. Ci sono molte cose buone che
si mischiano ancora ad inutili detriti. Il tempo sistemerà tutto.
La complessità della vita occidentale
non ci risparmia i suoi ritmi e le sue sfide. La semplicità gustata in questi
anni ce ne rende difficile una piena comprensione.
Un Dio nascosto tra le pieghe
della vita ci stupisce per discrezione, gentilezza ed umiltà. Eravamo così
abituati a trovarlo in tutto e in tutti, nella vita di ogni giorno.
Il dolore che si nasconde tra gli
angoli bui delle case dalle facciate sfavillanti ci spaventa molto di più della
manifesta povertà di una baraccopoli dove è normale (in realtà l’unico modo per
sopravvivere) condividere le fatiche.
Sentirsi chiamati anche a questa
vita. Provare a starci dentro. Essere se stessi. Accettare che il mondo è
cambiato. O che forse quelli cambiati siamo noi. Sentirsi i “diversi” e
trovarcisi a proprio agio.
Essere felici tra lo
scetticismo generale.
Che caos!
Leggevo che il CASO è Dio che
lavora in incognito. A volte è meglio anche per lui non rivelarsi troppo e
lavorare sotto copertura.
Mi è piaciuta un sacco questa immagine.
Leggere il CASO in tutto questo
caos.
Che il nostro rientro faccia
davvero parte di questo caso? Che ci sia dentro tutto quello che non capiamo?
Tutte le fatiche che stiamo incontrando e che fortunatamente ci sembrano ancora
un fardello leggero? La nuova vita in arrivo? Un nuovo lavoro che non arriva?
Che faccia tutto parte di un
grande CASO che è stato riservato per noi?
Una parola vorremmo lasciarci in
questo Natale. L’abbiamo sentita poco in giro, non riusciamo a trattenerla. SPERANZA.
La Vita ce l’ha messa dentro in
maniera indelebile. L’entusiasmo dei nostri bambini ce ne contagia. Una nuova vita
che sta per nascere ce lo grida. Il bene che continuiamo a ricevere e a vedere
ce lo conferma. Le storie della Lucy, di Kababa, di Kitogo, di David, di Paul
ce l’hanno insegnato. Anche il papa lo ripete instancabilmente.
Quindi, buona SPERANZA a tutti…
in questo nuovo ed eterno Santo Natale.
Mauro e Chiara con Giosuè,
Pietro, Teresa e …
famiglia fidei donum in missione a Villaguattera (PD)