30 gennaio 2014 - Testimonianza alla giornata nazionale per la vita


Buona sera a tutti,
siamo Mauro e Chiara. Abbiamo 34 anni e siamo sposati da 7 anni e mezzo.
Siamo innanzitutto 2 sposi che hanno scelto di accogliersi, amarsi e onorarsi per sempre e questa ci sembra ancora una cosa molto bella per la nostra vita.
La nostra è una storia di qualche SI, a volte piccolo, a volte un po’ più consistente.
In fondo, a guardarla bene, tutta la storia della salvezza è costellata di SI: di un anziano Abramo che lascia la sua casa per dirigersi in una terra a lui sconosciuta, di una poco più che ragazzina della Galilea a cui un angelo è apparso portando una lieta ma difficile novella, di un uomo che ha accettato la morte di croce per un amore ben più grande.
La storia si fa davvero con i SI. E così vanno le cose con il Signore, gli si lascia anche solo uno spiraglio… e Lui apre finestre!
Il primo spiraglio l’abbiamo lasciato aperto presto e, dopo poco dal nostro ritorno dal viaggio di nozze in India, è nato Giosuè che ora ha sei anni. La gioia e la sensazione che qualcosa di bello stava nascendo per la nostra famiglia era forte in noi. Quindi abbiamo iniziato a fare progetti sul nostro futuro… un buon lavoro, una posizione, un certo benessere.
Ma il Signore forse poco se ne faceva di questi nostri progetti e così, prendendoci in parola quando gli chiedevamo costantemente che la Sua volontà fosse fatta, non ha tardato a donarci un’altra vita. Presto un altro bambino era alle porte della nostra famiglia. 19 mesi dopo Giosuè nasceva Pietro.
A questo punto è iniziato ad apparirci abbastanza chiaro che questa famiglia che andava formandosi era un po’ fuori dagli schemi. Ma in fondo ci pareva che in questa storia ci fosse Vita, quella bella, quella piena, che questo progetto, molto più grande e strampalato di quelli che avevamo fatto noi, in fondo ci piaceva pure di più.
Nella nostra storia di coppia ci siamo ripromessi alcune cose. Una di queste è che non vogliamo chiuderci in noi stessi ed essere prigionieri delle nostre certezze e sicurezze, ma essere sempre aperti… agli altri, agli incontri, alla Vita. Un’altra cosa che ci siamo sempre detti è che, nelle strade da percorrere, una misura buona delle scelte è quella di affidarsi e fidarsi della nostra chiesa.
È stata quindi la fiducia nella chiesa di Padova a farci avvicinare all’idea di poter donare qualche anno della nostra vita a servizio di una chiesa sorella del sud del mondo. È l’aver scoperto che Gesù è stato il primo missionario, e che lui stesso ha detto ai suoi discepoli e quindi alla sua chiesa di esserlo altrettanto. A ciascuno di noi chiede quindi di non stare mai fermi ma essere sempre in cammino verso il prossimo, scansando gli egoismi, l’egocentrismo, il pensare che il mondo giri tutto intorno a se stessi. Perché è in questa costante ricerca e apertura all’altro, soprattutto ai più poveri,  che avviene il misterioso incontro con Gesù. Ed ecco che quindi il cerchio si chiude.
In questo papa Francesco è molto esplicito nella sua esortazione apostolica Evangelii gaudium:quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio … non palpita l’entusiasmo di fare il bene”.
Ci è sembrata una cosa bella quindi per la nostra vita partire per 3 anni in terra d’Africa, inviati dalla diocesi di Padova ed è stata una scoperta bellissima vivere concretamente le parole ancora di papa Francesco:chi rischia, il Signore non lo delude e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte”.
Ancora una volta però un SI ad una chiamata, ne nascondeva un altro forse ancora più grande. Dopo poche settimane dal nostro arrivo in Kenya abbiamo scoperto che un’altra vita bussava alla nostra porta. Come sempre i nostri progetti erano stravolti. Ancora una volta abbiamo dovuto accettare e scoprire che ciò che Dio aveva pensato per noi era una benedizione ben più grande delle povere certezze che pensavamo di avere.
Dopo poco quindi, a Nairobi, è nata Teresa, la perla preziosa della nostra esperienza missionaria.
Ancora una volta ci era chiesto di aprire la porta al futuro, perché per “generare futuro”, come dice il tema di questa sera, bisogna intanto fargli spazio. Lo spazio dove il futuro possa far germogliare le proprie radici, dove Dio possa scrivere secondo le sue misure…
Gli anni in Kenya sono stati una benedizione. Come coppia, perché il tempo, le fatiche e le gioie condivise ci hanno unito in maniera profonda. Come genitori, perché le sfide educative ci hanno aiutato a maturare di fronte ad ogni scelta. Come persone, perché siamo stati alla scuola dei poveri: i maestri della solidarietà, della sobrietà, dell’aiuto reciproco, dell’affidamento a Dio.  
La storia poi è molto recente. L’Ottobre scorso siamo rientrati, dopo 3 anni di missione, e già una nuova vita era alle porte. Un altro SI detto senza accorgersi, un’altra chiamata che chissà dove ci porterà, un altro pezzo di futuro che tra pochi giorni, forse ore, metterà piede su questa terra.
Ormai non abbiamo più paura… ci ha preparati bene il Signore. Sappiamo, siamo certi, che c’è una felicità più grande che ci aspetta. È una promessa che ci è stata fatta, e Colui che ce l’ha fatta non ci ha mai deluso. Attenzione, non è una promessa di una vita facile, per noi non lo è mai stata. È una promessa di una vita piena, di un centuplo qui e ora, a patto di giocarsi tutto: Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna  – si legge in Mt 19, 27-30 -.

Non può farci quindi troppa paura nemmeno un lavoro precario, la crisi economica, il pessimismo dilagante che ci circonda, la fatica quotidiana insomma… l’incognita del futuro. Il futuro è quello che lasciamo germogliare oggi, che generiamo nelle scelte concrete di ogni giorno, è la speranza che sentiamo oggi nel nostro cuore.