"Come state?" l'incipit di tantissime
mail/messaggi che stiamo ricevendo in questi giorni a seguito del duplice
attentato terroristico di domenica 1 luglio che ha colpito in modo quasi
simultaneo in due chiese nella citta' di Garissa: la cattedrale cattolica e una chiesa appartenente alla
congregazione "Africa Inland Indipendent Church". Gli attacchi,
avvenuti proprio mentre i fedeli erano riuniti per le celebrazioni domenicali, hanno
provocato 17 morti e una cinquantina di feriti.
"Qual'e' la situazione generale del Paese?
Che atmosfera si respira?" ... il resto delle domande che ci vengono
poste.
Intanto noi stiamo molto molto bene anche
perche' la nostra regione come gran parte del Paese non e' assolutamente
coinvolta dagli attacchi.
Per inquadrare il problema e' bene sapere che
Garissa e' una citta' nel nord-est del Kenya, a circa 140 chilometri dal
confine con la Somalia e a 70 chilometri dall'immenso campo profughi di Dadaab,
attualmente il piu' grande campo profughi al mondo con i suoi circa 465mila
rifugiati fuggiti dalla carestia e dalla guerra civile.
La popolazione della citta' di Garissa è
prevalentemente di etnia somala e questa citta' e' anche sede di un'importante
base militare dalla quale sono state inviate truppe in Somalia con il compito
preciso di dare la caccia al terrorismo islamico che va sotto il nome di Al
Shabaab. E gli Shabaab hanno giurato vendetta, moltiplicando le minacce ed ora
passando anche all'azione.
C'e' da dire che la comunita' musulmana del Kenya
si e' completamente e decisamente dissociata da questo gruppo e dalle loro
azioni. E non puo' essere altrimenti in un paese dove la coesistenza di etnie,
lingue, culture e non ultimo religioni diverse e' punto di forza e di
crescita nella reciprocita'.
Al Saint Martin godiamo ogni giorno della
ricchezza che risiede nella diversità di ciascuno, che sia un povero o che sia
il collega di fede o cultura differente. Specie con i fratelli musulmani c'e'
una particolare attenzione a rispettarsi, comprendersi e collaborare,
ricordandoci che, come ci ha detto la scorsa settimana Ngoja'ngoja, volontario
del Saint Martin di fede islamica, "davanti al bene che si puo' fare ad un
bambino orfano o ad un disabile non esiste alcuna bandiera".
Nella stampa internazionale troverete, per chi e'
interessato, notizie, commenti e riflessioni di ogni tipo. Quello che oggi
condividevamo in ufficio e' che l'unica cosa a cui non bisogna mai abbandonarsi
e' la paura, perche' sarebbe proprio la vittoria di questa gente che cerca di
seminare il panico ed il sospetto. L'impegno dev'essere quello di continuare a
vivere la fraternita' nella diversita', non smettendo mai di pregare per chi
sta vivendo l'inferno.
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